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La nostra esperienza di lotta radicale sul territorio ticinese é
cominciata quasi un anno fa, a partire dall’occupazione del selva squat a
Massagno lo scorso ottobre. La trasformazione di uno stabile abbandonato in uno
spazio di convivenza autogestita e di critica radicale alla societa’ di cui
facciamo parte è stata la prima tappa per focalizzare una serie di problemi,
volutamente lasciati irrisolti da questo sistema. In seguito allo sgombero del
selva squat, che ha portato all’arresto di 5 occupanti e di altre due
denunciate a piede libero (fatto per cui siamo ancora in attesa di giudizio),
il nostro percorso di lotta è proseguito, incanalando le nostre energie su due
aspetti cruciali insiti nell’ordine presente delle cose: il carcere e
l’isolamento a cui sono sottoposti gli immigrati, nella fattispecie quelli
stipati nel centro d’ accoglienza di Chiasso.
Mensilmente organizziamo sotto il carcere preventivo Farera e il
carcere giudiziaro la Stampa
di Lugano dei presidi di solidarieta’ ai detenuti. Per intensificare il
contatto con i reclusi abbiamo aperto un indirizzo postale a cui ci possono
scrivere e qui ci siamo imbattuti in un primo scoglio: la direzione
penitenziaria, su ordine della procura, ha impedito la spedizione della posta
verso il nostro indirizzo.
Per quanto riguarda Chiasso, numerose sono state le iniziative svoltesi
nel parco Comacini (presidi con musica e cibo), divenuto ricettacolo
pomeridiano per gli immigrati durante le uscite giornaliere dal lager d’accoglienza.
Il coinvolgimento dei migranti, in attesa dal tanto agognato permesso di
soggiorno o per alcuni lo status di rifugiato politico, è stato intenso; ragion
per cui è stato possibile raccogliere le testimonianze dei pestaggi e delle
torture subite al centro, e non solo, da parte della Securitas e dalle guardie di
confine.
Siamo solo all’inizio di questo tortuoso sentiero e la strada è ancora
lunga.